Immaginate la scena. Sono seduto in attesa di un pullman, con Stefania. Siamo pigiati l’uno di fianco all’altra sopra un grosso masso, a margine dell’aiuola in cui sono infissi i cartelli con le indicazioni turistiche e una breve storia di Lacco Ameno. Ci si avvicina un pakistano, vuole vendere anelli, collanine, orecchini. Si rivolge a me (regalo per lei). Stefania dice no, “li faccio anch’io”. Lui fraintende, “ah solo amici”, diciamo no, Stefy ripete “li faccio da me”. Capisce, “ah tu lavori”. Lavoro, sì, lavoro le perline, ci siamo capiti. Si allontana. Arrivano due uomini anziani, hanno delle cartelline di pelle. Sono controllori, penso, a Ischia girano in borghese. Quelli si avvicinano al pakistano, gli chiedono la nazionalità, vogliono sapere che lingua parli. Mi chiedo ma questi che vogliono, ascolto vigile. Ottenuta l’informazione sulla lingua, uno dei due apre la cartellina di pelle, scartabella tra i fogli e tira fuori quello della lingua desiderata, annunciando “siamo testimoni di Geova”. Ecco fatto. Smetto di ascoltare, ma resto vigile. L’altro uomo si avvicina a noi, ci chiede se siamo italiani. Stefania non perde tempo, dice sì ma non siamo interessati. Lui ha la risposta pronta: “Non volete conoscere la verità?”. È una domanda che mi esplode nella testa così forte che non sento la risposta di Stefania. Io ne avrei un milione, per lui. La più banale di tutte dice che io la verità la cerco tutti i giorni, con un accanimento anche formale, tale che ce l’ho scritto anche nel curriculum. E lui lì che vorrebbe rifilarmene una di seconda mano, pronta all’uso, utile e bella come una stufa a gas in piena estate. L’uomo si arrende, Stefania deve averlo convinto. Ha il sorriso degli uomini buoni, labbra distese e occhi duri, di quelli che nella vita bisogna essere pii, ma con la dovuta ferocia. In sottofondo, l’altro uomo ha mollato il pakistano e parla con una ragazza di origini orientali, che dà mostra di capire l’italiano. Gli sento pronunciare un paio di frasi. Una suona più o meno “siamo arrivati al punto che gli uomini baciano gli uomini e le donne baciano le donne in mezzo alla strada”. La ragazza è una statua di sale. Non so se non capisce bene la lingua o se ha vestito la faccia delle occasioni migliori, lo sguardo di plastica aiutato dalle fattezze asiatiche. Intanto arriva un cane, mentre io mi scopro a pregare per l’arrivo del pullman. Il cane ha un collare con un dispositivo elettronico, ma non c’è la pila. Non so a cosa serva, non ne ho mai visto uno così. Stefania lo accarezza, ci parla. Il cane gradisce, viene a prenderne un po’ anche da me. L’uomo pensa di poter cogliere la palla al balzo e torna alla carica, il sorriso s’è allargato, ma gli occhi sono ancora di pietra. “Lui risorgerà con te, alla fine? Risorgerà con te?”. Stefania risponde “questo ha un’anima”. Io taccio, faccio i grattini al cane. A lui piace. L’uomo risponde “sì, ha un’anima”. Qui mi ha stupito. “Ma non risorgerà”. Eccolo. Adesso lo riconosco. “Sarebbe meglio se risorgesse lui, invece che noi”, gli dice Stefania. Ma l’uomo non ascolta, non è una prerogativa dell’uomo piodalsorrisobuonomadallosguardodipietra, non è una qualità del testimone di Geova. “Lui non può risorgere”, insiste. “Lui non sa adorare”. Al cinema, questa sarebbe stata la battuta madre. Sarebbe stata enfatizzata da un’eco, un riverbero, un silenzio irreale, una piroetta della colonna sonora. In un film, sarebbe almeno arrivato il pullman, e l’avremmo lasciato lì, senza neanche girarci più indietro. Ma no. Ha avuto il tempo di chiedere “mica vi infastidisco, con queste mie domande?”. Stefania risponde no, ma è un sì, io non ho ancora fatto un suono. I due si allontanano, la ragazza è ancora lì, forse è una sagoma, forse aspetta il disgelo per sciogliere le membra e ricominciare a pensare.
Il pullman arriva, il cane va in cerca di altre attenzioni. Io e Stefania ci alziamo, dicendoci “noi sappiamo adorare”.
Un nuovo livello nel gioco di ruolo dell’uomo nell’universo è stato raggiunto, qui, oggi.
Fra poco, vincenti o perdenti, sarà game over, comunque.
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La ragazza orientale é da sola già un capolavoro…Bravo Swann, un quadretto pieno di intelligente ironia e piacevolissimo da leggere 🙂
E poi alla fine ci ritroviamo anche il bonus: risorgeremo perché sappiamo adorare. Da sfoderare al momento opportuno, in mancanza di altre credenziali…
Giuro, non l’avevo mia sentito. Mi ha lasciato di sasso. L’idea che l’adorazione possa essere uno stato di elevazione spirituale da inseguire e raggiungere… beh, mi fa accapponare la pelle!
Be’ sai é un po’ quella mentalità secondo cui se ripercorri diligentemente ogni giorno la tua scheda di “training devozionale”, alla fine ti ritrovi un posto prenotato nelle alte sfere…
Il parroco della chiesa che frequenta mia mamma é fiero di poter dire il rosario mentre corre sul tapis roulant, cosi’ ne dice di più e guadagna tempo; c’é altro da aggiungere?
E dire che il cristanesimo era nato proprio come movimento di rivolta nei confronti di idiozie simili…
Questa del prete che dice il rosario sul tapis roulant per portarsi avanti col lavoro me la rigioco, ti avverto! Baricco impazzirebbe per una cosa così, secondo me
Ok reclamero’ i diritti d’autore, anzi li reclamerà il prete… 😉
da tutti si può imparare qualcosa… anche dal cane che cerca altre attenzioni 😉 è un’ovvietà, ma non lo è la motivazione.
ad ognuno il suo livello e il game over magari 🙂 notte
Il cane là in mezzo era il più “dritto” di tutti, questo è certo!
Interessante quadretto, o meglio spaccato di vita 🙂 Per me resteranno sempre un’enigma i testimoni di Geova la loro ostentazione e l’accanimento terapeutico che manifestano quando si rivolgono a te, per non parlare del fatto che mostri loro un minimo di educazione, ascolto, interesse sei spacciato per sempre, verranno a farti visita minimo una volta a settimana finché non mostrerai un deciso “No Grazie!”.
Neanche io so adorare ma vorrei tanto si potesse tornare ad adorare divinità come l’acqua, il sole, la terra…sicuramente le cose andrebbero meglio…
http://it.wikipedia.org/wiki/Panteismo